Solidarietà all’attivista arrestato al parco Don Bosco

L’Associazione di Mutuo Soccorso esprime la propria vicinanza e solidarietà all’attivista arrestato nella notte tra giovedì 4 e venerdì 5 al presidio del parco Don Bosco e denuncia il brutale intervento da parte delle forze di polizia, che hanno utilizzato, abusandone, uno strumento pericoloso come il taser, che mai dovrebbe fare parte della dotazione degli agenti.

L’arresto che ne è seguito si è caraterizzato per l’estrema violenza dell’operato degli agenti contro un ragazzo giovanissimo.

Contro gli abusi in divisa.

Solidarietà a Tpo e Làbas

L’associazione di Mutuo soccorso esprime solidarietà con lə compagnə di Tpo e Làbas colpitə dalla repressione, che pagano per avere portato avanti lotte sociali per la casa, sindacali, antirazziste a antifasciste. Non ci sorprendiamo di fronte all’operato della polizia ma la nostra consapevolezza non deve far tacere la solidarietà che se organizzata e popolare può davvero fare la differenza. I fascisti di ieri e di oggi non ci spaventano, contro la repressione sosteniamoci.

Contro la tortura di stato

Sono diverse settimane che la campagna informativa e di denuncia sollecitata dallo sciopero della fame di Alfredo Cospito si allarga mettendo sotto i riflettori tutto il sistema politico-giuridico-militare e tutte le torsioni del diritto alle quali abbiamo assistito da decenni. L’ emergenzialismo è il sottofondo di una progressiva legislazione d’eccezione e, ancor più, di una discrezionalità nell’applicazione delle norme che permette di regolare i rubinetti della “giustizia” secondo le necessità del governo.

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Convergere per insorgere – Bologna, 22 ottobre 2022

L’Associazione di Mutuo Soccorso per il Diritto di Espressione, dopo aver partecipato con altre centinaia di persone all’assemblea del 5 ottobre, ha deciso di convergere per insorgere insieme nel corteo del 22 ottobre 2022, dove tanti e tante manifesteranno qui a Bologna per l’ambiente, la salute, gli spazi pubblici e i diritti.

Per garantire la massima agibilità a tuttə, durante la giornata sarà attivo il nostro numero di telefono per informazioni legali e assistenza in caso di emergenza.

Ci puoi trovare al +39 340 92 25 723

Nasce il collettivo Impliquées

L’associazione esprime pieno sostegno e vicinanza a questa iniziativa

Le catene uniscono e respingono, imprigionano e connettono. Alcune catene privano della libertà, altre la fondano e curano. Ad alcune siamo costretta nostro malgrado, altre le costruiamo per sopravvivere nella lontananza che ci separa. Ci sono dunque catene che vanno rotte, altre che vanno protette e difese fino all’ultimo respiro.
Siamo un gruppo di attiviste e attivisti coinvolte in passato nelle lotte sociali bolognesi. Ci unisce il profondo legame della solidarietà, ci dividono i chilometri che le nostre vite hanno percorso alla ricerca di un lavoro, di nuovi stimoli politici, di compagna di viaggio da aggiungere e raggiungere. A Bologna eravamo studente, universitari, lavoratore in nero, barista e cameriera, rider e facchino. Continue reading

Ricordo di un grande compagno

Delle sue vicende storiche leggerete sui giornali, noi, qui, lo vogliamo
ricordare per le iniziative comuni in difesa della libertà di espressione e
di azione.

Sante Notarnicola ci ha accompagnato nell’attività di mutuo soccorso
attraverso la sua presenza e l’azione dell’associazione Bianca Guidetti
Serra che ha contribuito a fondare. Un’azione comune nel mondo “dietro le
sbarre”, contro i “decreti sicurezza“, per “facciamoli uscire“. Un’azione
comune per affermare le libertà individuali e collettive come condizione
per l’emancipazione.

Un forte abbraccio solidale da tutte noi alle compagne della Bianca
Guidetti Serra e in particolare a Delia sua compagna, in tutti i sensi,
fino a questi ultimi giorni.

A pugno chiuso

L’impegno sociale non può essere punito. Sostieni Stefano, Sara, Claudio e Matteo

Per partecipare al crowdfunding attivato per coprire le enormi spese che devono affrontare quattro compagn* condannati per fatti di piazza di quasi otto anni fa visita la pagina su Produzioni dal basso. Di seguito il racconto della vicenda che li ha coinvolti.

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Con donazioni uguali o superiori alle soglie indicate saranno inviate le magliette e la borsa in foto. Fai clic per ingrandire.

La mattina del 15 febbraio 2013, nella giornata nazionale di mobilitazione studentesca in vista delle elezioni politiche del 24 e 25 febbraio, si è tenuto a Bologna il corteo #15F CONTRO PARTITI E BANCHE , manifestazione organizzata da studenti medi e universitari che hanno deciso di invadere la città al suono degli slogan “Que se vayan Todos! ” e “Non ci rappresenta nessuno”.

Era chiaro il messaggio da parte del mondo della formazione e del movimento studentesco: nessuna fiducia nella rappresentanza e nella delega del voto per riprendersi il proprio presente e futuro. Durante il corteo, oltre a cartelli elettorali e banche, sono state difatti sanzionate alcune sedi elettorali di partito tramite lancio di uova.

Le forze dell’ordine hanno fatto trovare la celere schierata in tenuta antisommossa davanti alla sede di Fratelli d’Italia in via Farini, a protezione di non si sa chi o cosa, dato che il portone era chiuso, le serrande abbassate, e all’interno non si trovava nessuno. Cosi facendo il reparto celere si frappose tra le uova e la serranda, beccandosi le uova lanciate dal corteo.

Al termine del lancio di uova, e con il corteo che ormai proseguiva per terminare in piazza San Francesco, il capo della celere si è lanciato in un incredibile ‘sfogo’: “Ma secondo voi, ma dove stiamo dai! Fotografate, ditelo, non voglio stare in queste condizioni […]”.

Tutto ciò ovviamente davanti alla stampa che non aspettava altro che un pretesto per fare notizia, sperando in qualche atteggiamento violento o scandaloso da parte del corteo.

Rispondendo poi ad un uomo che replicava “ma sono quattro ragazzini”, il poliziotto proseguiva dicendo “quattro ragazzini sono che devono conciare così una squadra? Ma non sono modi questi […] in queste condizioni io smonto, […] qui c’è tutto un giro, scrivete, fatelo sapere al mondo politico, ci dovete filmare, filmatelo e fatelo sapere […]”.

A La Repubblica ed agli altri organi di (dis) informazione tutto ciò non è parso vero e hanno dato uno spropositato risalto mediatico alle parole del celerino.

Per questo episodio 4 compagn* vengono denunciati per “tentate lesioni personali aggravate”, come se delle uova potessero veramente ferire un celerino in assetto antisommossa, e condannati a pene comprese fra i 4 e i 10 mesi e un risarcimento alla parte offesa di circa 13 mila euro. A questa somma vanno aggiunti 7 mila euro per le spese legali sostenute dalla nostra Avvocata. Per un totale di 20 mila euro!!

Avete capito bene, il reparto celere ha richiesto il risarcimento per DANNI MORALI per delle uova.

In uno stato in cui il riconoscimento dei danni morali avviene a fatica per le donne vittime di violenza di genere, un giudice ha stabilito che delle divise sporche meritino questo risarcimento pecuniario.

Consapevoli del fatto che i tribunali sono parte del meccanismo che criminalizza e condanna le lotte sociali, non siamo stupiti di tale sentenza. Purtroppo il ricatto economico sta diventando sempre più uno strumento utilizzato dalla controparte come deterrente alle iniziative e pratiche di piazza.

Come Associazione Mutuo Soccorso stiamo mettendo in campo alcune iniziative per sostenere i/le compagn* colpiti da questa infame misura repressiva, ma in questo periodo di emergenza sanitaria è sempre più difficile organizzare eventi come cene sociali, concerti ecc.

Nonostante la cifra assurda siamo abituati a non farci scoraggiare e in questo caso abbiamo bisogno di fare appello alla solidarietà collettiva, agli amici, alle amiche ai compagni e alle compagne e in generale a chi riconosce questa ingiustizia, per non piegarci a chi ci ricatta e continuare a lottare.

Partecipa al crowdfunding e alle iniziative di sostegno per i compagni e le compagne coinvolt*.

La necessità dell’amnistia sociale

Firmiamo il comunicato che segue con la rete Stop decreti sicurezza e molte altre realtà cittadine.

Sono quasi cinquantaquattromila le persone private della libertà che affollano le carceri italiane. Cinquantaquattromila persone costrette a spartire celle già anguste con migliaia di persone in più rispetto alla loro capienza regolamentare, determinando un sovraffollamento che impone una forzata prossimità e che annulla di fatto il rispetto di quella dignità umana che di diritto dovrebbe competere a chiunque.
In questi giorni in cui un’emergenza sanitaria ci impone il confronto con la vulnerabilità dei nostri corpi, dopo aver vissuto le nostre abitazioni come luoghi di reclusione forzosi, non possiamo non rimettere al centro di un ragionamento politico all’altezza della fase chi vive una vulnerabilità e una reclusione più assoluta e disperante: quella di decine di migliaia di persone il cui diritto alla incolumità e alla salute è stato negato, salvo qualche debole misura scarcerativa applicabile solo ad un numero esiguo di reclusi, dal decreto “Cura Italia”.

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Facciamoli uscire! Case per i detenuti che possano usufruire del decreto “sfolla carceri”

Il decreto “sfolla carceri” emanato in tutta fretta a seguito delle rivolte prodotte dall’allarme coronavirus non sta dando seguito ai suoi propositi. A parte qualche meritoria iniziativa di solidarietà e il solito s-carico alle famiglie, le istituzioni continuano a non affrontare il problema. Avendo promosso, assieme all’associazione Bianca Guidetti Serra, l’appello “facciamoli uscire” rilanciamo ancora la denuncia dell’indisponibilità delle amministrazioni a dare un segnale di voler affrontare la questione.

Come proposto da Vag61 (12) vi possono essere, qui ed ora, delle soluzioni per dare una prima risposta, per quanto parziale, alle rivendicazioni della popolazione carceraria.

Rivendicazioni che chiedono a gran voce amnistia e indulto. Rivendicazioni che facciamo nostre e sosteniamo con forza. La gran parte dei detenuti sono carcerati per motivi legati all’immigrazione, alle sostanze, alla povertà, alla marginalizzazione prodotta da questo sistema sociale. I dispositivi securitari, non ultimi quelli adottati per far fronte alla pandemia, producono ghetti e lazzaretti. Rompiamo questa gabbia, facciamoli uscire.